lunedì 9 marzo 2015

"L'UNDICESIMA" RECENSITA DA "I LIBRI DI MORFEO"

Lucia Guglielmini ha recensito "L'undicesima" sul blog letterario "I libri di Morfeo". Così l'autrice riassume il contenuto del libro (l'articolo integrale è disponibile cliccando qui):
"In “Pietre rosse” il contadino viene pian piano emarginato dalla sua comunità di origine per il suo modo “altro” di osservare la realtà e nella solitudine dei suoi passi, si scontra con la cattiveria gratuita di certi umani che lo privano della vita. O il racconto di un odio inspiegabile all’origine della lotta interrazziale, nei dettagli dell’esplosione del pacco bomba in una sinagoga colma di gente, in “Sabato di penitenza”. In altri racconti è poi il titolo ad anticipare l’ansia del finale come ne “L’allievo di Satana” o in “Killer night”. In tutti l’autore dispensa un’architettura di elementi da cui ricavare un quadro chiaro della psicologia dei protagonisti, in un linguaggio sempre nitido e forbito che si limita a descrivere individui borderline dall’impellente bisogno di manifestare il male dentro di essi annidato, e come quest’ultimo trovi espressione in una moltitudine di casi, come a causa della sofferenza dovuta ad una menomazione, nel caso de “La bambola olandese”; o ancora più di frequente per noia, come spesso riportano i fatti più recenti di cronaca e “Zapping” ne è un esempio. Raimondi non manca poi di cimentarsi anche in storie più simili agli esordi di un romanzo, mai dimentico di quello stile asciutto che lo descrive già nei racconti più brevi. Così avviene che in “Amhid l’etiope” e in “Palak il nano”, quelle pagine così immediate e ricche di dettagli psicologici e paesaggistici, quasi non bastino a riscattare la curiosità del lettore che inevitabilmente si affeziona ai protagonisti da rimanere quasi deluso per quei finali aperti. Per approdare infine a “L’undicesima”, il breve racconto ancora una volta di vite al margine, questa volta della strada, vittime di un metodico piano femminicida attuato da un anonimo impiegato, la cui brutalità descritta senza fronzoli, non lascia spazio ad alcuna forma di pietismo."

giovedì 22 gennaio 2015

RECENSIONE SU "WEBMARTE"

"Storie gocciolanti sangue. Raccontate con il minimo uso di discorso diretto. Un’impalcatura narrativa sapiente sotto la cui ombra si agitano squarci di luce rossa, riflessi di lame taglienti. Nel buio creato da Raimondi si sentono le voci di un figlio ossessionato o le note di una spinetta nelle tenebre di un palazzo abbandonato. Undici atmosfere da regista del male. Sconsigliato a chi ha cuore malfermo."
Con queste parole Alessandro Mascia recensisce "L'undicesima" su "Webmarte".
L'articolo integrale potete leggerlo cliccando sul seguente link: 

mercoledì 12 novembre 2014

PREMIO ALLA CARRIERA CONFCULTURE 2014 CONFERITO A RAIMONDO RAIMONDI

Un’apposita commissione istituita da ConfCulture ha deciso di conferire il “Premio alla Carriera ConfCulture 2014” a Raimondo Raimondi per essersi distinto nel settore di sua competenza (Critica d’Arte, Poesia e Narrativa). Il prestigioso premio gli sarà consegnato nel corso della manifestazione “Arte e Solidarietà”, che si terrà venerdì 12 Dicembre presso la Biblioteca Comunale del Comune di Sant’Agata Li Battiati. Nella lettera di comunicazione a firma del Presidente nazionale di ConfCulture Giuseppe Campo sono indicate le motivazioni del premio: “I prestigiosi risultati da Lei ottenuti rappresentano motivo di orgoglio e vanto per la Nazione tutta. Il Suo impegno ed il Suo modo di interpretare la sua attività, sono di esempio per chi ama i veri valori della Cultura fondati sul raggiungimento dei risultati attraverso una quotidiana applicazione fatta di sacrifici e rinunce. Il Suo indubbio talento, unito alla Sua serietà professionale, hanno indotto questa commissione a conferirLe il riconoscimento oggetto delle presente. 
ConfCulture associa molteplici soggetti tra regioni, comuni, consorzi, fondazioni, istituzioni e associazioni, attivi nell’ambito dei servizi per l'arte, la cultura, il turismo, lo spettacolo, lo sport e il tempo libero, con i quali promuove lo sviluppo del settore e la crescita dell’efficienza e della qualità dei servizi. Fanno parte della Confederazione gli enti, le amministrazioni, e soprattutto le associazioni che provvedono, in qualsiasi forma, alla gestione e promozione di attività nei settori descritti.

giovedì 6 novembre 2014

RECENSIONE SU "MANGIALIBRI"


Su "Mangialibri" Serena Calabrò ha recensito in modo molto positivo "L'undicesima". Ecco la recensione:
"Un vecchio muto è la guida scelta da un ragazzino di città. L’odio interraziale è il filo conduttore della storia di Giona, che riflette sulla miseria della condizione umana. Poi c’è la gelosia tragica e incontrollabile, che può condurre al più drammatico omicidio, quello dell’amante della propria moglie. L’elenco prosegue con la perversione, l’incomunicabilità, la follia cinematografica di un uomo fuori dal mondo e dal contesto, con una madre ingombrante. Perché non sacrificarla per appagare (?) in tranquillità il proprio piacere sessuale con un “allettante” pezzo di plastica dalle vaghe fattezze di una donna? E ancora, follia da cronaca nera: Ramon impara tragicamente che la vita non è noiosa come una trasmissione televisiva. Poi c’è la lotta antiglobalizzazione, e molto altro…  
Storie di uomini e donne di una Sicilia nascosta, arcaica e sconosciuta. Forse. Una Sicilia fatta di personalità sui generis e incomprensibili nella loro apparente assurdità mascherata da normalità. Personaggi che alludono  ai sentimenti più profondi e al tempo stesso a tratti infimi del nostro essere umani. Sono brevissimi racconti quelli de L’undicesima, antologia di Raimondo Raimondi. Brevi ma intensi. Una scrittura concisa, chiara e a tratti sconvolgente. Semplici battute per evidenziare quanto semplice e quanto folle possa essere l’uomo nella sua natura. Il lettore si pone davanti a situazioni in cui il più terribile degli epiloghi è dettato da motivazioni superficialmente quotidiane e quasi comprensibili. Il lato oscuro dell’uomo è parte integrante delle sue giornate, delle sue relazioni. Una lettura velocissima, alla rincorsa di quel “The End” che, dopo lo shock dei primi racconti, ci aspettiamo e, ahimè, gustiamo. L’antologia di Raimondo Raimondi potrebbe essere tranquillamente il gobbo di una trasmissione di approfondimento sulle ultime notizie di cronaca nera. Ci sconvolge? Forse solo all’inizio. Ed è qui che sta la tragedia. L’autore ci mette di fronte alla verità più terribile: la malvagità, il sangue, gli omicidi, i delitti non ci scalfiscono, anzi, siamo quasi riusciti a prevederli e a integrarli nello scorrere delle nostre vite quotidiane. E domani è un altro giorno."

mercoledì 25 giugno 2014

UNA RECENSIONE DI GABRIELLA RISTA

Sono convinta che sia un piacere parlare di libri e confrontarsi con le pagine scritte a cui un autore consegna la sua visione del mondo e delle cose, servendosi naturalmente di un suo immaginario personale, in cui confluisce tutto il suo vissuto e cioè la preparazione culturale, l’osservazione dei fatti, il  personalissimo modo di interpretare la realtà e, perché no, anche le  esperienze, i  desideri,  le  ansie e le speranze.

Ed è da qui che si crea quella magia che è propria della pagina scritta, quell’incontro-scontro con il lettore. Come sempre dico, una volta che il libro viene stampato, esso è di tutti coloro che gli si accostano perché in esso i lettori trovano una consonanza o un’opposizione che non è detto coincida con quanto l’autore ha voluto dire ma sempre troveranno materia di riflessione  soprattutto se l’autore e il libro restituiscono una “gioiosa voglia di leggere”, perché, come dice Nick Hornby, “è vero che ogni tanto è meglio una partita di calcio...ma è anche vero che se il libro è bello, non c’è partita  né concerto rock che tenga”. E il libro che viene presentato questa sera è certamente un bel libro, pur se la materia affrontata è drammatica e complessa.
Fatta questa premessa, procediamo con ordine e cominciamo dal titolo: spesso il titolo di una raccolta coincide con il racconto che la apre oppure è la sintesi dell’ispirazione che la governa oppure nulla di tutto questo; in questo caso l’undicesima, titolo enigmatico e inquietante, mi ha fatto molto pensare: esso è il titolo dell’ultimo racconto come undicesima è l’undicesima vittima di un elenco quasi cronachistico di vittime. I racconti sono 11: mi sono chiesta se questo numero 11 ricorrente avesse per l’autore un significato, se egli avesse voluto cioè indicare una via da seguire per la comprensione del messaggio sotteso ai racconti.
In effetti il titolo è la chiave di lettura del libro in quanto il numero 11 ha molti significati tutti confluenti e che si addicono a quanto narrato: intanto è un numero primo e palindromo e per la cabala i numeri primi sono numeri speciali perché possono essere divisi solo per se stessi o per il numero 1: sono dunque considerati numeri magici. Nell’arte, dal momento che il numero 10 è simbolo di perfezione e completezza e indica il decalogo e la legge, il numero 11, in quanto trasgressione del numero 10, simboleggia il peccato. Ma bisogna fare riferimento soprattutto alla tetraktys (quadruplo) della scuola pitagorica: il numero 11 assume le caratteristiche simboliche di uscita dalla serie numerica ordinatrice del mondo, dall’armonia dei rapporti numerici sacri (la somma di tutti i punti della tetraktys è 10, il numero perfetto composto dalla somma dei primi 4 numeri 1+2+3+4=10) che sottraggono l’ordine del mondo al caos.
Qualunque sia la spiegazione che vogliamo adottare, il numero 11 ci rimanda quindi al caos, al male e alla sua presenza dominante nel mondo e nelle azioni degli uomini, che è poi la direttrice della materia trattata.
Se il titolo è come abbiamo detto la chiave di lettura, il primo racconto, Pietre rosse, ne è il preludio perché contiene in nuce le tematiche che verranno successivamente affrontate: vi è rappresentata la Sicilia con la sua natura e i suoi paesaggi assolati e aridi, vi è il ricordo degli usi e dei costumi tramandati da generazioni, vi è la solitudine atavica, vi è la violenza sciocca e inutile che tinge le pietre di rosso; ma per certi versi pietre rosse ne è anche la conclusione ideale nel senso che se il tema dominante di tutti  i  racconti è il male declinato in tutte le sue forme possibili, è in Pietre rosse che è possibile trovare una speranza di redenzione che viene riposta nella madre terra, madre terribile che tutto ricorda.
Il libro inoltre si chiude con l’undicesima vittima, giovane siciliana di Ramacca e con l’immagine di un dolore fisico che conclude circolarmente un testo iniziato proprio con una scena di sofferenza morale, la solitudine, che è quella del vecchio siciliano protagonista di pietre rosse.
Anche l’ordine con cui sono collocati i racconti risponde il più delle volte ad un disegno, ad un ordine mentale che non è poi se non il dipanarsi delle immagini che l’autore vuole trasmettere: i racconti sono quasi tutti ambientati in Sicilia, in luoghi a noi conosciuti; tuttavia il secondo racconto, Sabato di penitenza, è ambientato a Gerusalemme, in una sinagoga, e i due protagonisti che metaforicamente si fronteggiano sono un ebreo miscredente ed una palestinese osservante. Mi sono chiesta come mai l’autore abbia sentito l’esigenza di accostare già all’inizio del libro due racconti importanti nell’economia narrativa ambientati in due luoghi così distanti: forse vuole dirci che il male non ha patria, non ha tempo, non ha colore ideologico o religioso ma è nella natura umana e della natura umana.
E veniamo quindi al tema della raccolta: questo è’ un libro che colpisce allo stomaco e che non lascia il lettore indifferente: che piaccia o meno il lettore è chiamato a prendere posizione di fronte all’universo nero senza speranza apparente che viene rappresentato; il male è la chiave di conoscenza e di interpretazione della realtà odierna, domina sovrano e non risparmia nessuno dei protagonisti, siano essi le vittime o i carnefici.
La contingenza si materializza nelle vicende umane, la grande storia con le sue migrazioni epocali, con i suoi rigurgiti  xenofobi, omofobi, con l’odio che scaturisce dalla paura di non saper governare i fenomeni si cala nelle piccole storie degli uomini con tutto il suo bagaglio di dolore, di sofferenza e ambiguità e la Sicilia diventa un microcosmo, un osservatorio privilegiato di un mondo rovesciato su cui lo sguardo attento dell’autore si appunta per leggere e comprendere la realtà dei nostri giorni.
Ecco allora Amhid l’etiope, vittima prima della storia del suo paese di origine, vittima poi del dramma dell’emigrazione e infine vittima di un violento; o Rosalia Licitra, vittima della folle gelosia del marito, o Palak il nano vittima della sua deformità fisica.
Ma prima di tutto i protagonisti dei racconti sono vittime della solitudine , dell’incapacità o impossibilità di avere relazioni vere con gli altri esseri perché tutto viene distorto dal male supremo, l’indifferenza, che domina le loro esistenze: mi vengono in mente le parole a cui Adelchi, personaggio di manzoniana memoria, affida il suo testamento spirituale che afferma che sulla terra non resta che fare il torto o subirlo e questo è ciò che avviene nei racconti: vittime e carnefici si fronteggiano ma spesso non c’è una vera linea di demarcazione tra gli uni e gli altri e noi non possiamo non provare pietà anche per il carnefice; sono quindi, quelle raccontate, storie di ordinaria follia scaturita dalla solitudine: Severin, protagonista di Uguali e diversi dice ad un certo punto del suo monologo: “ogni tanto osservo; osservo la gente, la folla, le masse, e più ne vedo insieme più ne colgo la solitudine”.
E’, abbiamo detto, un universo senza speranza, senza provvidenza, perché il male è nell’uomo e, nonostante siano passati secoli di civilizzazione, l’uomo moderno è  “ancora quello della pietra e della fionda” (S. Quasimodo), un essere in cui la capacità raziocinante è sempre più sopraffatta dalla matta forza istintuale.
Sono storie di uomini umili, poveri socialmente e culturalmente, verrebbe da dire “brutti, sporchi e cattivi”, costretti a vivere ai margini dalla mancanza di coscienza valoriale. Perché la scelta di narrare temi così forti e inquietanti, certamente non consolatori? L’autore è riuscito ad esprimere “il mito della solitudine dell’uomo nel dolore della vita” (Finzi) e, nell’osservare e studiare la realtà, ritratta anche nei suoi aspetti più deteriori, invita noi lettori a riflettere su questo nostro mondo e su come cambiarlo, se è ancora possibile, per il bene di tutti.
D’altra parte uno scrittore, un artista, non può avere una posizione passiva nella società, perché egli, come disse Quasimodo, modifica il mondo. E per modificare il mondo attuale capovolto nel suo ordine, è necessario che l’occhio dell’artista vada al di là delle apparenze,  che non abbia paura di sporcarsi le mani, che abbia il coraggio di  usare immagini forti, non rinunciando  “alla sua presenza in una data terra, in un tempo esatto, definito politicamente”.
Non più quindi una letteratura consolatoria, che ha fornito all’uomo suggerimenti, principi per consolarne il  dolore, ma non ha poi inciso sulla realtà per rimuovere le cause di tale dolore, ma una letteratura problematica e di  trasformazione della realtà sociale.
E per fare questo l’autore si avvale della scrittura. Raimondo Raimondi è uno scrittore di solida cultura e lo si capisce non solo dalle citazioni di opere di autori vari che introducono ogni racconto e ne rappresentano la sintesi e la metafora, ma lo si capisce anche dai rimandi letterari che non sfuggiranno a un lettore attento, dalla capacità e direi felicità narrativa che dispiega in questo libro. Una materia così complessa viene articolata in maniera elegante e agevole alla lettura, dimostrando una notevole padronanza del mezzo espressivo e un linguaggio moderno, controllato, mai scontato, come se l’autore avesse voluto comporre nella forma la drammaticità delle vicende narrate.

GABRIELLA RISTA
docente di lettere presso il Liceo Classico "Megara"

venerdì 20 giugno 2014

UN SUCCESSO LA SERATA DI PRESENTAZIONE AD AUGUSTA

Con il patrocinio della Fidapa e del Kiwanis Club, giovedì 19 Giugno 2014, nell’elegante salone di rappresentanza del Circolo Unione di Augusta, è stato presentato a un folto pubblico di intervenuti il libro “L’undicesima” di Raimondo Raimondi, edito dalle Edizioni Il Foglio. Dopo una breve introduzione del cerimoniere del Kiwanis ing. Domenico Morello, che ha ricordato come parte degli introiti per la vendita del libro saranno devoluti al Progetto Eliminate, inteso a debellare il tetano neonatale nei paesi del terzo mondo, Rosalba Amara Partinico, presidentessa della Fidapa, ha presentato la relatrice professoressa Gabriella Rista, docente di Lettere presso il Liceo Classico che ha illustrato il contenuto del libro.
Ha poi posto alcune domande all’autore riguardo alla scelta del titolo che pare sottendere al significato esoterico del numero undici e al denominatore comune dei racconti che è il lato oscuro dell’umanità, tendente a compiere il male, l’azione criminosa. Eppure, come è stato detto, “è uno spaccato di umanità varia quello che viene narrato ed in questa felicità del narrare si può riconoscere che quelle storie terribilmente tragiche, disperate presentino un elemento di salvezza, come se perfino nell’aberrazione del crimine possano esplodere le potenzialità dell’essere umano”. Alcuni brani del libro sono stati letti da Gaetana Bruno Ferraguto e da Lucia Imprescia.
Il maestro Salvino Strano ha poi magistralmente eseguito al pianoforte alcune colonne sonore tratte da film famosi. “L’undicesima” sta registrando un buon successo di critica e di pubblico ed è stato recensito su tanti giornali e riviste e su numerosi siti web dedicati alla letteratura. Gode di una presentazione della scrittrice Veronica Tomassini, giornalista del Fatto Quotidiano, e di una foto di copertina di Luca Morreale. 
Raimondo Raimondi vive tra Augusta e Siracusa. Scrittore e giornalista, ha pubblicato libri di poesia, narrativa e saggistica ed ha curato l’edizione di numerosi cataloghi d’arte. Componente del Comitato Direttivo del Museo Civico di Augusta, è direttore responsabile della testata giornalistica Dioramaonline.